sabato 12 marzo 2016

Trivelle, emotività e verità

Il 17 aprile si voterà il Referendum contro le trivelle. Si, questo è quello che ormai sanno in tanti. Tutto il resto è a conoscenza di pochi. In queste ultime settimane ho parlato con attivisti e simpatizzanti di questo referedum abrogativo, ma a tante mie domande le risposte o non giungevano, o erano poco esaustive. Questo mi ha incuriosito e allarmato allo stesso tempo, soprattutto scoprendo che questo referendum non riguarda le trivellazioni, ma solo la durata delle concessioni già esistenti ed operanti da quasi mezzo secolo. La campagna referendaria, come spesso accade su tematiche ambientali, è montata sull'emotività e pochissimo sui contenuti. Ho visto immagini tragiche su disastri ambientali, spiagge vietate, animali avvelenati, e tanto altro. Ma cosa c'è di vero? Poco, le immagini sono ingannevoli e bugiarde. Il nostro mare ha gli impianti da mezzo secolo, anche se i tanti non se ne sono mai accorti prima del referendum

Ho studiato e ho raccolto un po' di informazioni che gli stessi militanti mi negavano
Dall'ovvietà inizio, non si tratta di nuove trivellazioni. Il referendum riguarda le installazioni già esistenti e funzionanti (in Italia sono più di 100) che estraggono per lo più gas metano, impianti che in questi 60anni non hanno causato incidenti inquinanti. Cosa riguarda dunque? Solamente la durata delle concessioni in uso, e solo per le aree entro le 12 miglia dalle coste. Se vincerà il SI, allo scadere delle concessioni, l'estrazione sarà bloccata, rinunciando ad i 3/4 della produzione nazionale di gas.
C'è inoltre l'impatto che il SI porterebbe sull'economia di alcune regioni, il segretario nazionale dei chimici della Cgil, Emilio Miceli, si è già schierato contro il Referendum portando una serie di argomenti politico-economici, a partire dalla grossa perdita di posti di lavoro a causa delle imprese che dovranno chiudere i battenti e per l'emigrazione verso altri lidi di ingegneri, infrastrutture tecnologiche che si porteranno via migliaia di posti di lavoro dell'indotto in un settore dove siamo tra i primi al mondo per qualità ed efficienza.


Dati sull'energia rinnovabile in Italia
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

Questo il quesito che ci verrà posto, un referendum che per la prima volta nella storia non è nato tramite una raccolta firme, ma bensì su richieste delle regioni: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.

"Il comma 17 del decreto legislativo 152 stabilisce che sono vietate le «attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine delle acque nazionali italiane. La legge dice che gli impianti esistenti possono continuare fino alla data di scadenza della concessione e che su richiesta può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento. Il Referendum chiede solo questo: se permettere o no che gli impianti già esistenti possono ancora estrarre il gas negli impianti entro le 12miglia dalle coste.
Le piattaforme oggetto del referendum coprono consumi nazionali miseri, parliamo del 0,8 di petrolio e il 2,1% di gas.
L'unico incidente fu nel 1965, su una piattaforma di gas metano, che provocò la morte di 3 persone.
L'Italia è dipendente da petrolio e gas naturali. Ma l'uso di energia proveniente da fonti rinnovabili è in netto aumento, oggi è del 17,3%, nel 2010 era solo del 13,0%.
Potete verificare i dati direttamente dal GSE (Gestore Servizi Energetici) a questo link: GSE
L'Italia nelle energie rinnovabili è sopra la media europea e gli mancano solo lo 0,3% per raggiungere i target stabili dall'Unione Europea per il 2020. Per leggere i dati europei guardare i dati di Eurostat (in inglese) al link: Eurostat

Filctem CGIL – Femca CISL e Uiltec UIL contro il referendum
Il nostro dissenso quali Segretari Generali delle organizzazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori operanti nel comparto, si basa pertanto sull’esperienza maturata negli anni e su alcune considerazioni, che riteniamo fondamentali per la ripresa e il rilancio dell’economia:
• L’Italia importa circa l’80% dell’energia utilizzata e oltre il 90% di quella prodotta da fossili (petrolio, gas metano, carbone), che nella maggior parte dei casi proviene da Paesi a rischio geopolitico (Russia, Libia e Algeria per il gas e dai vari Paesi produttori medio orientali per il petrolio) e che non consentono certezza nell’approvvigionamento. Oggi soltanto la Norvegia, come Paese esportatore verso l’Italia, è rappresentativo di una democrazia matura e questo è un tema che non può in alcun modo essere sottovalutato.
• Il nostro Paese è già fortemente impegnato nella lunga transizione - gli esperti parlano ancora di 70/80 anni - verso l’utilizzo totale delle rinnovabili, che al momento però non garantiscono la necessaria autonomia e sicurezza nella continuità degli approvvigionamenti per gli utilizzi civili, commerciali, sociali ed industriali.
• Il quesito referendario non chiede di autorizzare o meno nuove trivellazioni, ma chiede il blocco delle concessioni di impianti off shore attualmente operativi nell’estrazione di olio e gas naturale tra le 5 e le 12 miglia marine dal limite della costa. Impianti operativi su giacimenti ancora ricchi di idrocarburi e fondamentali per la produzione interna.
• Recentemente il Parlamento è già intervenuto su questa materia, vietando richieste di esplorazione, coltivazione e estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine.
• Oltre l’80% degli impianti interessati dal quesito referendario sono dedicati all’estrazione del gas naturale, idrocarburo semplice a basse emissioni di CO2 e indicato anche nei vertici mondiali sulla tutela ambientale, quale vettore energetico ideale nella già indicata transizione verso le rinnovabili.
• Gli addetti dedicati agli impianti interessati dal referendum e la cui occupazione verrebbe messa a serio rischio sono circa 5.000 tra i diretti (operativi sulle piattaforme, attività di ingegneria, staff, logistica e commerciale) e circa 15.000 tra gli indiretti (manutenzioni edili e meccaniche, trasporto, logistica indiretta, attività di supporto vario).
• Il nostro Paese è secondo soltanto alla Germania nelle produzioni manifatturiere, attività strategiche per la ripresa della crescita e dell’occupazione, che, essendo energivore, hanno bisogno di continuità nelle forniture.
• Le attuali norme di tutela ambientale e di sicurezza degli impianti sono estremamente severe e garantiscono ai tratti di mare interessati dalle attività di esplorazione, una flora e una fauna di qualità sul piano batteriologico e biochimico e con biodiversità diffuse.
• Altri Paesi come la Norvegia e la Gran Bretagna, con legislazioni ambientali severe come la nostra, permettono in quantità molto superiori a quelle italiane, le coltivazioni ed estrazioni di idrocarburi.
• La fiscalità locale e centrale (oggi la tassazione media su queste produzioni è al 63.9%) subirebbe un pesante ridimensionamento con la riduzione delle royalties a favore degli Enti Locali interessati e dello Stato Centrale in una condizione di grande difficoltà nel reperimento di risorse pubbliche.
Ribadiamo pertanto la nostra ferma contrarietà ad una iniziativa referendaria che riteniamo inutile e dannosa per il Paese. Inutile perché interviene su una materia già definita dalle normative recentemente approvate dalle Istituzioni competenti e dannosa per le conseguenze che un’eventuale affermazione dei SI comporterebbe sull’occupazione e le professionalità del settore, sulla fiscalità locale e centrale, sull’autonomia energetica del Paese e sui danni ambientali che deriverebbero dall’aumento del traffico navale interno per le conseguenti maggiori importazioni di petrolio via navigazione marittima.
Per queste motivazioni invitiamo ad affrontare il dibattito sulla transizione energetica fuori da posizioni dogmatiche e precostituite, invitando il Governo, le Istituzioni Locali e le aziende del settore ad aprire con urgenza un confronto di merito sulla realizzazione della Strategia Energetica Nazionale per sostenere gli investimenti e la realizzazione delle infrastrutture innovative e delle nuove tecnologie nel settore, favorendo così la crescita e un rinnovato sviluppo del Paese. (1)

I Segretari Generali
FILCTEM CGIL FEMCA CISL UILTEC UIL
Emilio Miceli Angelo Colombini Paolo Pirani


SI, NO, oltre la propaganda
Dati presi da Valigia Blu
Il referendum non fermerà le attività di estrazione di petrolio in Italia. Entro le 12 miglia sono solo 9 gli impianti che estraggono petrolio, solo l’8,7% del petrolio estratto in Italia è in mare. Le regioni in cui sono presenti pozzi a terra sono l’Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia, il Molise, il Piemonte, la Sicilia, la Toscana (con i giacimenti nelle aree di Grosseto e Pisa) e la Basilicata, dove viene estratto il 70% del petrolio nazionale.
La nostra autosufficienza energetica non è messa in pericolo dal referendum perché le quantità di gas e petrolio estratte entro le 12 miglia non è significativa. Noi importiamo la maggior parte del petrolio e del gas dall'estero.

Un referendum politico impregnato di "utile emotività"

La legge attuale già vieta di compiere nuove trivellazioni, stiamo dunque discutendo solo dello sfruttamento degli impianti già esistenti da decenni. Non è un referendum contro l'inquinamento, anche se i promotori spingono sull'emotività per superare il quorum, è un referendum politico. Questa non è un'opinione, ma un fatto confermato dagli stessi promotori:
"Il voto del 17 Aprile è un voto immediatamente politico, in quanto, al di là della specificità del quesito, residuo di trabocchetti e scossoni, esso è l’UNICO STRUMENTO di cui i movimenti che lottano da anni per i beni comuni e per l’affermazione di maggiori diritti possono al momento disporre per dire la propria sulla Strategia Energetica nazionale che da Monti a Renzi resta l’emblema dell’offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana"

Per contrastare la propaganda degli ambientalisti è stato fondato un comitato: "Ottimisti e razionali", presieduto dall'ex PCI Gianfranco Borghini, i quali sostengono che continuare l’estrazione di gas e petrolio offshore è un modo sicuro di limitare l’inquinamento e inoltre serve a mantenere l'occupazione lavorativa, nella sola provincia di Ravenna il settore dell'offshore impiega quasi 7mila persone.
Per saperne invece di più sulle motivazioni degli ambientalisti segnalo il sito del coordinamento nazionale: http://www.notriv.com/

Un nuovo referendum politico che vuole incidere sulla sovranità energetica dell'Italia, con le regioni che richiedono più voce nelle scelte. Un tema delicato, necessario per il presente e vitale per il futuro, che dovrebbe essere elaborato con serietà, studi, ricerche, e non sull'emotività. Informatevi, seriamente, e ricordatevi: il 17 aprile si vota. Fate la scelta che credete più giusta. Per noi, per l'Italia.

Andrea 'Perno' Salutari

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