venerdì 6 gennaio 2012

La drammatica favola di un musicista hardcore

Se hai iniziato a leggere queste parole si possono presupporre tre cose: la prima è che come pochi altri ragazzi hai una gran passione e forse ti interessi di musica e arti alternative; la seconda è che molto probabilmente segui concerti sfortunatamente poco frequentati, ma fortunatamente da ragazzi con un interesse consolidato; la terza è che sicuramente non ti definisci uguale al tipico ragazzo che gira per le vie del centro, omologo al suo amichetto e conforme a come il contesto in cui viviamo vorrebbe vederlo.

Mi trovo qui perchè due persone a noi tanto care, che ci danno la possibilità di leggere e scrivere questo articolo, si stanno impegnando non poco e contribuiscono a far sopravvivere una scena (punk e Hardcore) nella quale, se oggi vivi, ti verrà spontaneo chiederti se mai sia nata.
Mi presento, sono Gino e ciò che mi lega e mi ha fatto conoscere Perno e Zora sono i 16 Angry Strings. I 16 Angry Strings sono una più o meno sconosciuta band HC di Lodi, nata nel 2004 e più o meno sopravvissuta fino ad oggi. Un giorno Perno mi chiese se volevo scrivere un articolo spiegando le motivazioni che mi portavano a suonare HC fino ad oggi. Dico la verità: non mi risulta un compito facile e non so neanche se riuscirò a terminarlo e a raggiungere l’obiettivo, perché una risposta completa richiede una ricerca nel passato e rivolta verso l’interno che non è immediata. Credo che pormi alcuna domande, probabilmente scontate, ma secondo me essenziali sia un buon punto di partenza: chi sono? Che cos’è l’HardCore? Cosa mi permette di rimanere legato ad un oggetto, una persona, un sentimento per nove anni?

E’ da quando ero piccolo che mi sono sempre impegnato per le ingiustizie e per i più deboli: alle elementari aiutavo un mio compagno strumentalizzato dai più “fighi” e oggi mi impegno con l’Associazione CLAM (www.myspace.com/clamlodi) per fornire attività, luoghi e concerti per i giovani della mia città. Non sono una persona con i “peli sulla lingua” ed esprimo il mio dissenso per chiunque voglia ledere i diritti dello svantaggiato o del gruppo, ignorando il diritto fondamentale che è il rispetto. Ho imparato che spesso, piuttosto che rispondere alle provocazioni, è meglio interpretarle come critiche vantaggiose per la crescita, utilissime per dimostrare una rivincita. Spesso la vittoria è la dimostrazione della ragione e dell’impegno, nell’uso di strumenti che la maggioranza ritiene inutili o inadeguati. L’HC non è solo un genere musicale, non è musica per i “cani urlanti” come spesso ho sentito definire. Credo che se il Punk significhi anarchia o rifiuto totale delle istituzioni e di tutto ciò che è diverso da esso (sinceramente spero che questi schemi siano oggi stati abbandonati), allora l’HC non coincide neanche con il punk. Esso è sicuramente un modo di esprimersi, esattamente come lo è il rock’n’roll o il pop. Ciò che li contraddistingue sono i contenuti. Per me l’HC è impegno sociale, aiuto, fratellanza, è critica del contesto finalizzato però alla ricostruzione o ristrutturazione, ma basato ovviamente sul rispetto che non si guadagna a pugni in faccia. Parlare della propria storia sentimentale o di quanto si ha sofferto dopo un tradimento, sono contenuti che non interessano un cazzo a nessuno. L’HC è stato e sarà per sempre un genere di nicchia e dovrà, per definizione, rimanere fuori da qualsiasi schema commerciale o di business.

Ci verrà senz’altro in mente il guadagno di bands oltreoceano (Sick Of It All, Gorilla Biscuits…). Ideatori di uno stile che oggi apprezziamo, causa di rancori quando paghiamo 15€ il biglietto del loro concerto. Proviamo della delusione perché essendo stati punti di riferimento ci hanno deluso negli ideali, o perché con la “musica da cani urlanti” si girano il mondo e in qualche modo riescono a dare da mangiare alle loro famiglie? Non dimentichiamo che vent’anni fa il loro primo concerto era esattamente come il nostro primo concerto e a quei tempi l’HC non esisteva neanche. Possiamo anche supporre che senza le loro prime note, senza i loro primi colpi aggressivi di cassa e rullante, forse oggi staremmo suonando un genere diverso. Ora, nessuno di noi suona nei Gorilla Biscuits, ma suoniamo HC in Italia quando va di moda il Death o Neffa. Perché lo facciamo? Siamo degli stupidi integralisti o degli illusi? Personalmente trovo affascinante il minuscolo mondo HC, trovare persone gentilissime che si creano una formazione e aiutano gli altri a suonare non solo nel localino fuori casa, ma qualche km lontano. Trovo affascinante sapere, che grazie ad alcuni ragazzi convinti nei loro ideali, qualche giovane potrà trovare il mio cd anche a Torino, Trento, Messina, Milano. Ciò che mi spinge a farlo è la passione, il divertimento, le emozioni che provo durante i concerti, a leggere parole sul sito o quando mi vengono fatte richieste come quella del Perno… Se avessi iniziato a suonare HC, credendo, che nel giro di poco sarei diventato famoso, avrei sbagliato completamente genere. Se suonassi con l’obbiettivo di piacere al pubblico più vasto ed eterogeneo, avrei abbandonato ai primi insuccessi e difficoltà. Invece sono ancora qui, a 21 anni da quando ne avevo 13. Perché mi accontento di poco, o per lo meno mi accontento di vedere la passione ai concerti, anche se di 10 persone, di vedere ragazzi nuovi ai concerti e sempre gli stessi che ti gratificano; perché non è importante la quantità delle gratificazioni e degli applausi, ma da dove esse provengono. L’importante è credere in ciò che si fa, avere fiducia in sé stessi, perché più crediamo in ciò che facciamo più saremo creduti e raggiungeremo i nostri obbiettivi!
Non so se sono stato chiaro, non è stata una risposta secca, ma è tutto quello che sono diventato fino ad oggi che mi ha fatto iniziare a suonare HC. Vorrei che queste parole fossero uno stimolo per riflettere.

Grazie a Perno e Zora per avermi dato questa nuova soddisfazione e grazie a te, lettore, per essere arrivato a questa riga ed avere questa fanzine!

Gino 16 Angry Strings

Nessun commento:

Posta un commento